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sabato 12 marzo 2011

L'economia giapponese squassata anche dal sisma


Preoccupa il debito pubblico, che per il 2011 potrebbe volare al 204% nel rapporto col Pil. Gli analisti, però, sembrano ritenere al momento che il terremoto non provocherà significativi "rimbalzi" nel sistema finanziario mondiale 

Un costo umano enorme, certamente. Ma il Giappone rischia di pagare al violentissimo sisma che ha squassato il nord-est del Paese e dello tsunami che è seguito, un conto particolarmente salato. Un fulmine che s'è abbattuto su una nazione che ha visto, negli ultimi anni, perdere molte delle sicurezze che l'avevano accompagnata negli ultimi decenni

.L'economia giapponese squassata anche dal sisma


Il Giappone non è più la seconda economia del mondo. Il terribile terremoto rischia di aggravare una situazione già difficile per un Paese che poche settimane fa ha dovuto riconoscere il "sorpasso" ad opera della Cina 1, per via della recessione che nel 2010 ha provocato il calo dell'1,1 % del Pil (sceso a 5.474 miliardi di dollari).

Il mitico "sistema nipponico" appare ancora incapace di cogliere appieno la moderata ripresa, evidente soprattutto a livello regionale: i disoccupati di lunga data alla fine del 2010 erano saliti a 1,21 milioni di unità, il 20% in più rispetto all'anno precedente mentre anche i settori tradizionalmente forti - come la produzione automobilistica - arrancano. A gennaio scorso, per il quarto mese di fila, la produzione automobilistica del Giappone è calata del 6,3% rispetto all'anno precedente e come risultato la bilancia commerciale è tornata in rosso. Il blocco delle attività produttive dovuto al terremoto nelle grandi fabbriche automobilistiche



dislocate proprio nel nord-est del Paese rischia di accentuare questa perdita.

Sempre a gennaio, il settore ha segnato un deficit di 471,4 miliardi di yen, pari a 4,1 miliardi di euro, il primo rosso dopo 22 mesi di attivo. La crescita delle esportazioni nipponiche - per il quindicesimo mese di fila - dell'1,4% rispetto al gennaio 2010 a quota 4.970 miliardi di yen è stata "cancellata" dal boom delle importazioni, +12,4% a 5.440 miliardi di yen.

Inoltre, il sisma rischia di strozzare la stentata ripresa che s'annunciava in questa prima parte di 2011, dopo che nell'ultimo trimestre del 2010 l'economia nipponica aveva registrato una contrazione su base annua dell'1,3%. Ma, da questo punto di vista, c'è anche il fatto che ogni sisma porta con sé una ricostruzione, che vuol dire investimenti, lavoro e occupazione.

A preoccupare è soprattutto la situazione dei conti pubblici, che vede il Giappone sul poco invidiabile podio di Paese con il più alto rapporto fra debito pubblico e Pil: con il suo 192% del 2010 (che quest'anno rischia di toccare il 204%) è secondo solo al devastato Zimbabwe del dittatore Mugabe. Si tratta di una montagna di debito (circa 10 mila miliardi di dollari) che pesano sugli spazi di manovra del governo di Naoto Kan: se finora è stata evitata la" catastrofe" è solo perché il 95% di questo debito è controllato da investitori giapponesi.

Ma per migliorare la situazione il Giappone avrebbe bisogno di una vera ripresa, sicuramente più solida della timida crescita ipotizzata nei giorni scorsi dalla Banca centrale del Giappone. Decidendo di mantenere il suo tasso di interesse fermo fra lo zero e lo 0,1% (un record mondiale, necessario per stimolare gli investimenti) la Banca aveva, per la prima volta da mesi, rivisto al rialzo le sue previsioni sull'andamento dell'economia che stava "gradualmente emergendo dall'attuale fase di rallentamento".

Per quanto riguarda le ripercussioni a livello mondiale, gli analisti di Wall Street sembrano orientati verso un "basso impatto". Anche perché, nonostante le devastazioni, il sistema produttivo giapponese - a parte alcuni settori automobilistici - riprenderebbe immediatamente a funzionare a pieno regime. Anche i costi generali del sisma, non ancora quantificati, potrebbero rappresentare più che un fattore depressivo, uno di sviluppo, rilanciando l'edilizia e le infrastrutture. Il rafforzamento dello yen, tra l'altro, viene visto come un fattore comunque positivo nell'economia internazionale. Il calo registrato dalle Borse europee sembra più dipendere dai fattori legati alla crisi libica che dagli effetti del terremoto in Giappone. I settori più colpiti, comunque, sono quelli assicurativi e in particolare quello tedesco. La reazione del mercato americano è stata, in questo senso, minima, proprio perché gli investitori si attendono che il sisma non peserà sull'economia mondiale. 

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